A questo proposito:
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Io tu noi, Lucio, docufilm Netflix
Intervista a Dario Massari, 2004
Disputa Mogol/Panella, da RollngStones
"Battisti si è appassionato alle "macchine elettroniche" da qualche tempo e ha iniziato a sperimentare con l'aiuto di Dario Massari, incontrato in un negozio di strumenti musicali di Roma dove quest'ultimo aveva il suo "laboratorio" elettronico. Massari prova le nuove macchine, sviluppa teorie, collega cavi e fili e sperimenta nuove soluzioni. Dopodiché fa ascoltare a Battisti alcune delle cose che può fare. Il musicista si appassiona alle possibilità di integrare device diversi per creare suoni inediti, tappeti sonori prodotti dalle macchine, musiche che non sono "composte", armonie o melodie monotonali. Battisti quindi si fa dare il numero di telefono di Massari e promette di chiamarlo. Lo fa la sera stessa, dicendogli che vuole tornare a produrre un disco, quello di un suo amico, e che vuole coinvolgerlo nel sound design. Iniziano a vedersi, a provare, a parlare tantissimo, ed è per questo che nelle note di copertina di "E già" Massari è ringraziato per la "possibilità monotonale", che in realtà è applicata in alcune parti dell'album ... Finito il lavoro di "E già", Battisti torna a chiamare Dario Massari per collaborare alla realizzazione di un nuovo album di Adriano Pappalardo. Il rapporto tra i due si è stretto molto da quando si sono ritrovati: si vedono spesso, accompagnano insieme i figli a scuola, parlano di musica e di progetti nuovi, condividono la passione per la corsa e il windsurf... Massari arriva in studio di registrazione e inizia a lavorare all'album: un progetto di pop elettronico per il quale Battisti, si dice, ha addirittura realizzato un demo, una sorta di "manuale" nel quale sono contenute le linee guida di come dev'essere sviluppato il lavoro. I musicisti coinvolti sono solo due: Fabio Pignatelli al basso e Maurizio Guarini alla batteria. Battisti si occupa delle chitarre e dei sintetizzatori, Massari della programmazione delle macchine; come "ospite", in un brano c'è Tony Cicco. All'inizio, quindi, c'è solo la musica, elettronica, moderna, perfettamente in linea con quella prodotta in Inghilterra, che Pappalardo contribuisce a creare per la parte musicale. Ma c'è bisogno di parole e, come ricorda Massari, cominciarono ad arrivare in sala dei parolieri con i loro testi, tutti molto famosi, e lui chiedeva cose estreme, provocatorie. Un giorno arrivò Pasquale Panella e, nel giro di dieci minuti, fu amore istantaneo...In "Don Giovanni", che viene pubblicato nel marzo 1986, c'è un Lucio Battisti ancora una volta completamente rinnovato, un musicista attento al mutare dei sentimenti e delle tecniche, che guarda il mondo dal suo punto d'osservazione e lo racconta con musiche nuove, senza nostalgia per il passato, poco disposto a voltarsi indietro; piuttosto, teso verso una nuova definizione di se stesso e della sua musica. Il vecchio cliché battistiano, quello portato al successo dalla fruttuosa collaborazione con Mogol, dove la musica, sostenuta dalla grandissima vena melodica di Battisti, si sposava con testi attenti a leggere la vita con occhio curioso e personale, tra romanticismo e cronaca spicciola, quel cliché che ha fatto amare Battisti a diverse generazioni di ascoltatori, viene completamente abbandonato. Con "E già" Lucio Battisti era entrato a tutta velocità negli anni Ottanta, mettendo da parte le vecchie strutture musicali in favore di un largo uso dell'elettronica, della quale si era profondamente innamorato, come ha testimoniato anche Pasquale Minieri, che all'epoca lo ha introdotto a molte delle nuove tecnologie. Però, per quanto riguarda l'ambito testuale, possiamo dire che era rimasto legato in qualche modo al passato. Con "Don Giovanni", Battisti celebra la definitiva scomparsa del vecchio se stesso: non solo nessuno di quelli che ascoltano i suoi brani sa più com'è la sua faccia, ma ascoltando le parole delle sue canzoni è persino difficile, se non impossibile, capire quali siano i suoi pensieri, i suoi sentimenti. Pasquale Panella propone testi ermetici, simbolici, surreali, sostenuti da una scrittura musicale raffinatissima che dosa sapientemente armonie elettroacustiche, ritmi sintetici e grandi melodie, in un susseguirsi di situazioni mai noiose o ripetitive"
Da: Ernesto Assante, Lucio Battisti, Mondadori, 2023
L'incontro con Battisti è stato casuale oppure un desiderio dello stesso di seguire un percorso musicale e sonoro predeterminato? Cosa vi siete detti all'inizio della collaborazione?
PP Niente, niente, lui non sapeva che cosa gli sarebbe capitato e basta.Non sapeva nulla di quello che gli sarebbe capitato, assolutamente nulla.
La tua autonomia artistica in questo progetto?
PP Direi pericolosamente più che totale. Guarda, una cosa è avere la libertà di fare quello che ti pare, un'altra cosa la libertà di fare pure quello che pare all'altro o che non pare o che non sa.
E convinzione generale che il vostro era un rapporto abbastanza atipico, ovvero il tuo era uno scrivere quasi su commissione...
PP No, assolutamente.
Questo è quello che la critica specializzata ha sempre detto...
PP Non mi pare che l'abbiamo detto, sono considerazioni personali, figurati, non sapevano né lui né i discografici, nessuno sapeva che cosa sarebbe successo, che cosa si sarebbe fatto. Brodo mio.
Ma tu conoscevi il contesto musicale in cui andavano a finire le tue liriche?
PP A me non è mai importato nulla della musica. La considero, essendo purtroppo delle canzoni, un incidente da adoperare, da sopportare. Vedi, quando licenzio un testo, praticamente è come, se gli dicessi "Vai, vai puoi andare, speriamo che ti rovinino il meno possibile". Ovviamente non posso che affermare un valore assoluto del testo che viene poi relativizzato dalla musica. La musica relativizza, relativizza proprio nel senso della relazione: mette in relazione il testo avulso o assurdo, crea le relazioni tra il testo e crea la possibilità di ascoltarlo, crea il principio dell'ascolto, è un principio di ascolto. Crea l'equivoco di essere, da parte del pubblico, di poter permettersi il lusso di ascoltare. Perché permettersi il lusso? Perché la canzone tu te la prendi inaspettatamente, mentre invece un libro te lo cerchi o la poesia, o un testo, te lo cerchi; la canzone in fondo attraverso la mediazione della musica ti consente di dare quella presunta finta libertà di credere che la parola si attenga alla natura, ossia, tu te la possa vedere davanti come un albero, come le foglie, come la frutta. Capita perché è naturale, spontaneo che fruttifichi oppure fiorisca. Perché la canzone te la prendi inaspettatamente, non la cerchi, accendi la radio, mentre la poesia te la cerchi. Ecco, su questo equivoco si fonda il principio di mediocrità della canzone cioè nel fatto che è mediocre e stupida come la natura, perché la natura è stupida: ha delle ricorrenze idiote: a primavera fiorisce, poi più avanti fruttifica, è idiota, ripete sempre le stesse cose, e la canzone imita la stupidità della natura. Difatti vedi le ricorrenze: Disco per l'Estate, Sanremo... ricorrono in date precise come la natura, imitano la natura e tu naturalmente te le trovi davanti così come di notte ti attraversa un riccio inaspettatamente, mica hai appuntamento con il riccio. Sai che proverai quel piccolo brivido, o piacere, oppure timore, oppure repulsione nel caso che tu lo schiacciassi e scendessi a vedere, così com'è. Tu te la trovi davanti, è un accidente che capita sempre secondo un calcolo delle probabilità di tipo assolutamente naturale.
Intervista A Pasquale Panella, da: Alfonso Amodio e Mauro Ronconi, Lucio Battisti. Al di là del mito, ARCANA Editrice, 1999